Diritto d’autore, scrive Filippo Sugar, presidente SIAE: “Gli autori? Sono i lavoratori più importanti dell’industria creativa
Diritto d’autore,
Filippo Sugar, presidente
SIAE scrive a Il fatto quotidiano : “Gli autori? Sono i
lavoratori più importanti
dell’industria creativa”
Il diritto d’autore è stato sin dalla sua istituzione alla base dello
sviluppo della cultura e in particolare, a partire da fine
Ottocento, dell’industria musicale. Allo stesso modo in cui il
brevetto stimola l’innovazione tecnologica, il diritto d’autore
genera innovazione e offerta di opere creative nella musica,
nel cinema, nel teatro, nella letteratura. Negli ultimi vent’anni è
diventato sempre più evidente come l’Europa e l’Italia fatichino a
competere con gli Stati Uniti e con altre grandi economie
evolute sul fronte dell’innovazione tecnologica. Diversamente da
quelle, il nostro continente e il nostro Paese sono storicamente
all’avanguardia sul piano dell’industria creativa, vantando
eccellenze musicali, artistiche, nel design e nella cultura tout court.
Occorre comprendere che investire su queste punte d’eccellenza,
difendendo e garantendo il diritto d’autore, produce ricchezza e
genera posti di lavoro, specialmente per i giovani. Un’autorevole
ricerca realizzata da Ernst & Young e pubblicata a fine 2014 ci dice
che l’Europa creativa e culturale vale circa 536 miliardi di euro e
che questa industria nel suo complesso dà lavoro a oltre 7 milioni
di persone (molti più posti di lavoro dell’industria automobilistica
o di telecomunicazione), di cui il 20% ha meno di 30 anni.
Per rimettere in moto gli investimenti in questi settori bisogna
averne ben chiara la priorità, il che è possibile solo a patto di
sgomberare il campo da quell’insieme di luoghi comuni che,
nell’immaginario collettivo, si associano al diritto d’autore e
segnatamente alla sua gestione da parte di società di raccolta e
amministrazione come SIAE. La demonizzazione del diritto
d’autore e delle società deputate alla sua difesa non incentiva, anzi
contribuisce a indebolire le industrie creative nazionali ed europee,
già messe a dura prova dal momento storico che stiamo
attraversando. Paradossalmente, si lega al diritto d’autore l’idea di
una limitazione della creatività, quando invece il suo scopo,
come strumento, è proprio quello di difendere la paternità e dunque
l’originalità dei prodotti, oltre che – e questo non è certo un
aspetto secondario – la possibilità per l’autore di fare della creatività
stessa una fonte di reddito, al riparo da ogni mecenatismo.
Il diritto d’autore non è una tassa, al contrario è un meccanismo
di remunerazione per chi crea. Ogni opera dell’ingegno è frutto di
un’attività intellettuale, che la legge tutela come ogni altro lavoro, e
il diritto d’autore altro non è che uno strumento volto a garantire
all’autore diritti inalienabili sulle sue opere. L’autore può poi
valutare di cedere parte dei suoi diritti a entità giuridiche (editori) se
lo ritiene, ma rimane una sua scelta: l’investimento dell’editore può
rivelarsi utile, data l’alta competitività del settore creativo e gli
altissimi rischi di insuccesso, ma la valutazione di questa
opportunità rimane a capo dell’autore. Mi preme ricordare che gli
autori vivono esclusivamente dei proventi raccolti per gli utilizzi
delle loro opere. È la categoria di lavoratori più importante
nell’ambito dell’industria creativa, ma anche la più precaria, basti
pensare che è tra le pochissime a non avere diritto ad alcuna
pensione.
Per tutti questi motivi, la gestione dei diritti riveste un’enorme
importanza. È opinione diffusa che negli altri Paesi europei il
mercato sia liberalizzato e che, di contro, la gestione dei diritti
affidata a società di fatto monopolistiche come la SIAE crei
inefficienze e limitazioni nell’accesso alla cultura. Ebbene, anche
negli altri Paesi europei le Società di gestione collettiva del diritto
d’autore esercitano un monopolio di fatto. C’è di più: proviamo a
immaginare lo scenario che si profilerebbe in Italia se la SIAE, oggi
casa comune degli autori e degli editori, si frantumasse in tante
piccole realtà differenti. In primo luogo, la forza contrattuale della
categoria ne uscirebbe nettamente indebolita (si pensi, già oggi, alla
difficoltà di negoziare con colossi globali come YouTube, Apple
etc.). In secondo luogo, coloro che usufruiscono del repertorio
andrebbero incontro a grosse difficoltà in quanto, anziché fare un
contratto unico per l’utilizzo di tutta la musica, si vedrebbero
costretti a farne diversi con entità separate, in alcuni casi persino
per singole porzioni di uno stesso brano.
Una situazione caotica che – questa sì – genererebbe conflittualità,
inefficienze e ritardi insostenibili per gli autori. Il futuro dunque
non è la liberalizzazione a tutti i costi, bensì un processo di
aggregazione internazionale delle società degli autori in
alleanze che progressivamente ne riducano il numero in Europa,
semplificando l’ottenimento delle licenze paneuropee e garantendo
maggiormente sia gli autori che la diversificazione culturale. Infine,
un concetto molto caro alle lobby contrarie al diritto d’autore è che
nell’era di internet quest’ultimo debba andare incontro a una
revisione totale. Ricordo che qualche anno fa incontrai l’allora
Commissario europeo per l’agenda digitale Neelie Kroes. Era
convinta che per rendere la musica disponibile in ambito digitale a
tutti i cittadini europei, senza eccezioni di territorialità, bisognasse
cambiare le regole del diritto d’autore. Oggi è evidente a tutti che
grazie a servizi come Spotify, Deezer, Apple Music e decine e
decine di altri, la musica si è resa facilmente disponibile e ‘portabile’
in Europa. Per arrivare a questo risultato non c’è stato bisogno di
alcuna modifica delle regole del diritto d’autore, solo di accordi
frutto di negoziazioni.
L’industria musicale ha ancora grandi possibilità di sviluppo, perché
non c’è mai stata una domanda così elevata per il suo prodotto come
in questi anni. Se sapremo rivedere pregiudizi e luoghi comuni,
spesso alimentati da chi ha forti interessi commerciali in gioco,
conquisteremo un futuro con più lavoro e più ricchezza per tutti,
economica e non solo. Avremo più offerta di opere ai consumatori,
che potranno avere maggiore scelta, e soprattutto potremo
continuare a produrre cultura italiana, potremo continuare a far
nascere ancora oggi e domani capolavori come quelli di ieri. La
difesa del diritto d’autore darà all’Italia e all’Europa molte più
opportunità di crescita e di innovazione rispetto al suo
indebolimento.